Gli USA revocano i visti ai cittadini del Sud Sudan

Il segretario di stato americano Marco Rubio ha annunciato la revoca immediata di tutti i visti posseduti dai titolari di passaporti sudsudanesi e lo stop di ulteriori emissioni di visti per l’ingresso negli Stati Uniti

4/7/2025

Washington,

5 aprile 2025

L’aria di tensione tra gli Stati Uniti e il Sud Sudan si è trasformata in un fulmine a ciel sereno per i cittadini sudsudanesi residenti in America. È bastato un annuncio, una dichiarazione secca del segretario di Stato Marco Rubio, per cambiare di colpo il destino di centinaia di persone. "Con effetto immediato, tutti i visti dei cittadini sudsudanesi sono revocati e nessun nuovo visto sarà emesso", ha affermato Rubio, lasciando poche speranze a chi sperava in una permanenza sicura sul suolo americano.

Dietro questa decisione drastica si cela un braccio di ferro diplomatico: il governo di Juba ha infatti rifiutato di collaborare al rimpatrio dei suoi cittadini dagli Stati Uniti, una posizione che Washington ha giudicato inaccettabile. "È tempo che il governo di transizione del Sud Sudan smetta di approfittare della nostra pazienza", recita una nota ufficiale del Dipartimento di Stato, evidenziando come ogni nazione debba assumersi la responsabilità di riaccogliere i propri cittadini quando richiesto.

Il clima d’incertezza avvolge ora i beneficiari del programma di Protezione Temporanea (TPS), in scadenza il prossimo 3 maggio. Per loro, il futuro è un’incognita. Il TPS rappresenta una sorta di scudo temporaneo contro la deportazione, pensato per chi proviene da paesi devastati da guerre o disastri naturali. Secondo i dati del Dipartimento della Sicurezza Interna, a settembre 2023 erano circa 133 i sudsudanesi protetti da questo status, con altri 140 potenzialmente idonei.

Questa mossa, senza precedenti per un’intera nazione, solleva interrogativi non solo legali ma anche umanitari. Arriva in un momento critico per il Sud Sudan, un paese che ancora lotta per rialzarsi dalle macerie di una guerra civile durata cinque anni, conclusasi nel 2018 con un fragile accordo di pace. Oggi, il rischio di sprofondare nuovamente nel caos è più concreto che mai.